L'Intervento
 
L’ultimo tassello della riforma delle professioni
Occorre salvaguardare la personalizzazione del rapporto a tutela soprattutto dell’utente
Mario Civetta, Presidente Odcec di Roma
 

L’idea di modulare l’esercizio dell’attività professionale in forma di società ha rappresentato in tempi recenti una sorta di oggetto misterioso, introdotto da una normativa incerta, che ha destato non poche perplessità nel nostro mondo. Non è la prima volta che il legislatore cerca di mutuare modelli distanti dalla nostra tradizione culturale e giuridica, e quindi difficili da implementare in un mercato come quello italiano con specifiche peculiarità.
Partiamo dai dati, nell’ambito della riforma delle professioni, l’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (commi da 3 a 11) ha introdotto la possibilità di esercitare le attività professionali, regolamentate nel sistema ordinistico, attraverso società di ogni tipo abrogando del tutto la legge 23 novembre 1939, n. 1815.10, che ha superato la legge 23 novembre 1939, n.1815, che rappresentava lo strumento attraverso cui era consentito l’esercizio in forma associata dell’attività professionale. Stando alle previsioni del comma 4 dell’ art. 10 (legge n. 183/2011) la qualificazione della società come società tra professionisti, è strettamente legata ai contenuti dell’atto costitutivo che deve contenere alcune precise previsioni.
In primo luogo, è stabilito «l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci»; «l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad Ordini, Albi e Collegi, anche in differenti sezioni, nonché dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, purché in possesso del titolo di studio abilitante, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento».
Ancora sono fissati «criteri e modalità affinché l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla società sia eseguito solo dai soci in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta». Sarà il cliente a scegliere nell’ambito della società professionale prescelta il socio professionista a cui affidarsi, e in mancanza di tale designazione, il nominativo deve essere previamente comunicato per iscritto all’utente.
Altre prescrizioni riguardano la polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti e le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo Albo con provvedimento definitivo.
Appare chiaro che il legislatore abbia voluto istituire società alle quali è conferito l’incarico professionale, ma con l’obbligo di esecuzione personale della prestazione professionale da parte dei soci professionisti.
Anche se le tipologie di soci ai quali la normativa consente di partecipare alla società oltre ai soci professionisti, ai soci per prestazioni tecniche, dà spazio ai soci per finalità di investimento.
Su quest’ultimo punto si sono animate le maggiori discussioni e interpretazioni perché la partecipazione del socio non professionista, ammessa «per prestazioni tecniche, o per finalità di investimento», rappresenta un elemento di novità, considerato che nell’ordinamento professionale non era mai stata prevista tale possibilità.
Si è anche gridato allo scandalo, poiché secondo alcune interpretazioni, questa previsione aprirebbe in prospettiva, non ora stante alcuni vincoli, le porte a società professionali nelle quali il capitale di controllo potrebbe essere di persone non professionisti, che renderebbero i professionisti dei meri dipendenti.
Poco chiaro è il riferimento alla natura tecnica delle prestazioni, per le quali si può pensare ad attività strumentali rispetto all’attività professionale mentre per finalità di investimento si intende l’intervento di capitale di rischio con finalità lucrative che concretizza la figura dei «soci per finalità d’investimento».
Il legislatore ha, comunque, fissato un criterio che assicura la prevalenza della componente professionale; il testo di legge, infatti, sancisce che il voto dei soci professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci.
Sia chiaro, noi ci rendiamo conto che il mondo delle professioni deve evolversi, perché da tempo siamo entrati nell'era delle competizione globale, dove devi fare i conti con competitor diversi.
Tuttavia, occorre salvaguardare il dato professionale, a tutela dell'utente, considerando che il professionista è la risultante di competenze, di esperienze e di studi sedimentati nel tempo. Non si può andare dal commercialista come si va al supermercato, va salvaguardata la personalizzazione del rapporto, soprattutto la sua natura fiduciaria e, non ultimo, il tratto umano. 

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