L'Intervento
 
Stp, sciolto anche il nodo fiscale e previdenziale
Pubblicata la terza circolare dell’Istituto di ricerca che propone una prima ricostruzione in materia, tanto più apprezzabile se si considera l’assoluta mancanza di disposizioni espresse sul punto
Cristina Bauco e Pasquale Saggese - IRDCEC
 

La disciplina della Società tra professionisti (di seguito STP) è stata oggetto delle ultime tre circolari dell’Istituto di Ricerca. La circolare n. 32 e la circolare n. 33 trattano gli aspetti civilistici e quelli inerenti all’iscrizione nel Registro delle imprese e nell’Albo professionale, mentre la circolare n. 34 affronta le questioni inerenti al trattamento fiscale dei redditi della STP e al trattamento previdenziale.
Entrando nel merito e procedendo con una sintetica illustrazione della disciplina civilistica, vanno messi in luce sin da subito alcuni aspetti di rilievo che emergono dalla combinazione delle disposizioni contenute nella legge n. 183/2011 e nel regolamento attuativo di cui al decreto ministeriale n. 34/2013.
Il primo: la STP può essere costituita secondo i modelli societari regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile. I tipi societari presi in considerazione possono essere tutti utilizzati in sede di costituzione, con la precisazione che la disciplina societaria dovrà necessariamente essere adeguata alle previsioni “speciali” previste nella legge n. 183/2011, tenendo in considerazione la significativa circostanza che tramite la STP non si esercita attività di impresa (si pensi alla formazione della denominazione o della ragione sociale, alla stesura della clausola relativa all’esclusione del socio professionista cancellato dall’Albo con provvedimento definitivo in una società tra professionisti che abbia adottato il modello di s.p.a).
Il secondo: l’art. 10 della legge n. 183/2011 precisa che l’atto costitutivo della STP deve prevedere l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale da parte dei soci. Tale esercizio è consentito solo ai soci in possesso dei requisiti previsti nell’ambito della disciplina delle professioni regolamentate. Questo fondamentale concetto è replicato nell’art. 1, comma primo, lett. a) del decreto n. 34/2013 per il quale la STP ha come oggetto l’esercizio di una o più attività professionali per le quali sia prevista l’iscrizione in appositi albi o elenchi regolamentati nel sistema ordinistico. Ne consegue, allora, che l’oggetto sociale della STP è l’attività professionale regolamentata esercitata in via esclusiva, come si evince dal combinato disposto delle summenzionate disposizioni e come sembrano confermare quelle inerenti sia al conferimento dell’incarico, sia al regime delle responsabilità - che ricadono entrambe sulla STP - contenute negli artt. 3 e ss. del decreto n. 34/2013. L’esclusività dell’oggetto sociale preclude che nell’atto costitutivo della STP figurino attività che non siano professionali ma imprenditoriali; possono essere incluse, al contrario, le attività puramente strumentali o complementari rispetto all’esercizio della professione. Ne deriva altresì che la normativa “speciale” della STP non può trovare applicazione con riferimento ad altre forme aggregative esistenti tra soggetti non iscritti ad Ordini o Collegi e annoverabili tra i prestatori d’opera generalmente intesi.
Il terzo: la legge n. 183/2011 tace sulle modalità degli apporti e dei conferimenti dei soci professionisti; la lacuna potrà essere colmata in relazione al tipo societario prescelto in sede di costituzione. La prestazione professionale, pertanto, può essere effettuata a titolo di conferimento, sempre nei limiti di compatibilità con l’ordinamento societario. Il conferimento d’opera, infatti, se è consentito nelle società di persone e nella s.r.l., incontra nelle s.p.a. il divieto di cui all’art. 2342, comma quinto, c.c.. Nella s.p.a. si potrebbe ricorrere all’istituto della prestazione accessoria che, oltre al particolare regime di trasferibilità delle azioni a cui è connesso l’obbligo della prestazione, consente di determinare particolari sanzioni in caso di inadempimento del titolare, ovvero all’emissione di strumenti finanziari partecipativi di cui all’art. 2346, sesto comma, c.c.. Va messo in luce, al contempo, che nel silenzio della legge, il professionista potrebbe anche non essere socio d’opera e il suo conferimento essere limitato al denaro, obbligandosi lo stesso verso la società ad effettuare la prestazione professionale in base ad accordi conclusi all’occorrenza, fermo restando l’osservanza, in ogni caso, delle regole fissate in punto di incompatibilità nel decreto n. 34/2013.
Il quarto: la compagine societaria della STP può essere variamente articolata, nel senso che accanto ai soci professionisti la legge n. 183/2011 prevede la categoria dei soci per finalità di investimento e dei soci per prestazioni tecniche. I primi apportano capitale, non sono soci professionisti ma devono essere in possesso di specifici requisiti di onorabilità sanciti nell’art. 6 del decreto n. 34/2013. I secondi non sono soci professionisti e non possono svolgere le prestazioni professionali che in base alle risultanze dell’atto costitutivo e in base alle competenze previste negli ordinamenti professionali di appartenenza sono riservate solo ai soci professionisti. Si tratta, piuttosto, di soci che svolgono mansioni ancillari, rispetto all’attività della STP (si è fatto l’esempio della gestione delle risorse umane o della gestione dei sistemi informatici). La legge n. 183/2011 prevede che il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci e che il venir meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il Consiglio dell’Ordine o Collegio professionale presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi. Ciò impone di prestare particolare attenzione non solo alle modalità di formazione del capitale sociale ma anche e soprattutto ai casi che potrebbero esporre la STP alla cancellazione dall’albo al fine di adottare misure volte a prevenirla. Stessa attenzione va riposta nella scelta del modello di governance, e in particolare nella scelta dell’organo di amministrazione dal momento che la legge n. 183/2011 non affida l’amministrazione della società solo ai soci professionisti. Tutti i soci (compresi quelli per prestazioni tecniche), infine, non possono partecipare contemporaneamente a più STP.
Il quinto: la STP può essere multidisciplinare, vale a dire costituita per l’esercizio di più attività professionali tra quelle regolamentate nel sistema ordinistico. Al fine di poter dar corso al successivo adempimento di iscrizione nell’albo tenuto dall’Ordine in cui è fissata la sede legale della società, l’atto costitutivo della società multidisciplinare dovrà dare evidenziazione della c.d. attività professionale prevalente, se esistente. La formulazione della norma in questi termini e l’assenza di criteri utili al fine di determinare la prevalenza delle attività, ha indotto gli estensori della relazione illustrativa – seguiti anche dalla Camera di Commercio di Milano – a considerare la possibilità di non connotare una delle attività in termini di prevalenza, con conseguente iscrizione della STP multidisciplinare negli albi di appartenenza dei singoli professionisti. Va in conclusione messo in luce, rinviando per ulteriori approfondimenti alle summenzionate circolari n.ri 32 e 33 dell’Istituto di Ricerca, che: la STP svolge l’attività professionale (anche se per mezzo dei soci professionisti), assume l’incarico e tratta con il cliente; la STP si iscrive all’albo professionale ed è sottoposta alle regole deontologiche dell’Ordine di appartenenza; la STP stipula la polizza assicurativa prevista ex lege e risponde verso la clientela per l’inadempimento del socio professionista, il ruolo del quale è, in tale circostanza, del tutto equiparabile a quello svolto dal sostituto incaricato dal professionista individuale. Ne emerge, in definitiva, che la STP è il professionista. Sulla base di tali premesse di ordine civilistico, la circolare n. 34 dell’Istituto di Ricerca propone una prima ricostruzione dei profili fiscali e previdenziali delle STP, tanto più apprezzabile se si considera l’assoluta mancanza, nel neo introdotto corpus normativo, di disposizioni espresse sul punto. Per quanto concerne il trattamento delle STP ai fini delle imposte sui redditi, la circolare sottolinea le difficoltà che attualmente si pongono per la corretta classificazione del loro reddito originate dalla rilevata discrasia tra natura commerciale del tipo societario utilizzabile e natura eminentemente professionale dell’attività svolta. Dopo aver illustrato i diversi orientamenti già manifestati dall’Agenzia delle entrate con riferimento alle società di ingegneria e alle società tra avvocati, la circolare esprime l’avviso che sia più coerente, sotto il profilo sistematico, inquadrare il reddito delle STP nella categoria dei redditi di lavoro autonomo. Va infatti attribuito il giusto rilievo alle peculiarità del modello societario delineato dall’art. 10 della legge 183/2011 rispetto alle società commerciali “ordinarie”, rappresentate dalla specificità dell’oggetto sociale e delle modalità del suo perseguimento, nonché dal carattere pur sempre professionale e personale delle prestazioni rese. Consapevole, tuttavia, delle perduranti incertezze interpretative sul punto, la circolare conclude auspicando una rapida approvazione della norma (art. 27, comma 4) contenuta nel disegno di legge S. 958 (presentato al Senato il 23 luglio scorso) che attribuisce esplicitamente alle STP il medesimo trattamento fiscale delle associazioni tra professionisti, in termini di qualificazione del reddito prodotto come reddito di lavoro autonomo e di attribuzione dello stesso per trasparenza ai soci. Con riferimento al regime previdenziale delle STP, la circolare sottolinea che le norme che regolamentano le Casse di previdenza dei dottori commercialisti e dei ragionieri e periti commerciali assoggettano all’obbligo di contribuzione soggettiva il reddito professionale netto di ciascun socio professionista, individuando detto reddito proprio (e soltanto) in quello che fiscalmente è riconducibile alla categoria dei redditi di lavoro autonomo. Ne consegue che i dubbi in ordine alla corretta qualificazione fiscale del reddito prodotto dalla STP sono suscettibili di riverberare i loro effetti anche in relazione all’obbligo di contribuzione soggettiva. Per quanto concerne invece la contribuzione integrativa, le Casse di previdenza dei dottori e dei ragionieri commercialisti prevedono che la stessa sia dovuta da tutti gli iscritti all’Albo che esercitano le corrispondenti attività professionali. Ne consegue, ad avviso della circolare, che anche le STP, in quanto soggette all’obbligo di iscrizione in una sezione speciale dell’Albo, sono sottoposte alla contribuzione integrativa. Al riguardo, la circolare ritiene preferibile la tesi che individua nella STP, anziché nei singoli soci professionisti, il soggetto obbligato a corrispondere la contribuzione in oggetto. 

Condividi su:      

N. 10 - Ottobre 2013
 
Editoriale
Quando la politica fa politica in modo attento e competente,...
 
 
L'Intervento
Pubblicata la terza circolare dell’Istituto di ricerca che propone...
 
 
A distanza di più di tre anni dall’emanazione del decreto legislativo...
 
 
Tante le novità, ma nessuna penalizzazione per i tirocini contestuali...
 
 
Al via un altro tassello della riforma delle professioni con...
 
Pagine < 1 > di 1
Articoli per pagina
© Copyright 2010  CNDCEC  - Piazza della Repubblica n. 59 - 00185 Roma - CF e P.Iva 09758941000 Tutti i diritti riservati Note legali  - Privacy
info@commercialisti.it  | consiglio.nazionale@pec.commercialistigov.it  | credits